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Prosegue l’attività di monitoraggio dei costi degli Atenei da parte della Federconsumatori. Per il terzo anno consecutivo, infatti, l’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori ha realizzato un’indagine sulle tasse applicate dalle Università italiane, prendendo in esame le rette annuali in riferimento ad alcune fasce di reddito standard e svolgendo i calcoli secondo modelli e formule indicati dagli Atenei stessi. Nelle prossime settimane seguirà la II parte della ricerca, relativa al costo della vita per gli studenti in sede e fuori sede.

 

Rispetto allo scorso anno accademico emerge un notevole incremento delle tasse universitarie.

Mediamente l’aumento rispetto al 2011 è del +7%, pari ad un aggravio di 70,68 Euro.

Paradossalmente sono i redditi più bassi a subire i rincari maggiori.

Per la prima fascia, l’aumento è stato dell’11,3%, attestandosi invece al 10% per gli studenti che appartengono alla seconda fascia e al 2,8% per chi fa parte della terza. I costi per la penultima e per l’ultima fascia, infine, sono aumentati rispettivamente dell’1,1% e del 5,5%.

Aumenti che certamente non favoriscono la formazione dei giovani e che dimostrano la scarsa volontà di investire nel futuro del nostro Paese, già testimoniata dalla grave carenza di risorse per la ricerca e l’innovazione.

 

L’esito della ricerca ha dimostrato che, come già rilevato nei due Rapporti precedenti, ad imporre tasse particolarmente salate sono le Università del Nord Italia: rispetto alla media nazionale, costano l’8,40% in più se si prende in esame la fascia più bassa e addirittura il 30,42% in più considerando gli importi massimi. Da notare, inoltre, il corposo divario tra gli Atenei settentrionali e quelli meridionali: mediamente, questi ultimi richiedono spese inferiori del 16,7% per la prima fascia e del 44,3% per la fascia più alta.

Il primato per la retta più cara va, ancora una volta, all’Università di Parma: per frequentarla, gli studenti devono pagare tasse annuali minime di 931,92 Euro per le Facoltà umanistiche e di 1047,74 Euro per quelle scientifiche.

 

Nell’analisi, infine, non si può non considerare la grave incidenza dell’evasione fiscale, poiché il calcolo delle tasse universitarie si basa sulla dichiarazione dei redditi.

Questo fenomeno, unito alla diminuzione degli investimenti destinati alla pubblica istruzione, sta facendo crescere progressivamente il numero di studenti che rientrano nelle fasce più basse, provocando quindi una diminuzione delle risorse da distribuire: ad essere penalizzati, quindi, saranno coloro i quali hanno davvero bisogno di usufruire dell’istruzione pubblica senza spendere una fortuna.

Sono infatti numerose le famiglie monoreddito di lavoratori autonomi – dai gioiellieri ai ristoratori – che rientrano nella seconda fascia ISEE/ISEEU considerata (reddito fino a 10.000 Euro) e che quindi pagano contributi relativamente bassi.

“In questo modo il figlio di un operaio specializzato finisce per pagare imposte superiori a quelle che vengono richieste al figlio di un orafo o di un pellicciaio.” – dichiara Rosario Trefiletti, Presidente Federconsumatori.  

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