Sembra non avere fine il caos delle mascherine.
Dall’inizio della pandemia ne abbiamo instancabilmente denunciato e segnalato la mancata reperibilità, anche per il personale medico e ospedaliero, i costi improponibili applicati per tali dispositivi e la messa in commercio di mascherine non certificate, carenti dal punto di vista della sicurezza, della capacità filtrante e perciò della protezione dal virus.
Le indagini condotte dalla Procura di Gorizia stanno portando alla luce fatti ancora più gravi e allarmanti. Stando alle evidenze raccolte, infatti, la metà dei dispositivi di protezione individuale importati dalla struttura commissariale dalla Cina non è una valida protezione.
Uno su due non filtrerebbe a sufficienza e la documentazione turca che ne attesta la conformità alle direttive Ue appare contraffatta.
Si tratta, nel dettaglio, di 250 milioni di mascherine acquistate nei primi sette mesi dello scorso anno dal Commissario Domenico Arcuri e validate dal Comitato tecnico scientifico, distribuite nelle Asl di tutta Italia. Proprio laddove il virus circolava di più e dove gli operatori erano più a rischio.
Un fatto gravissimo: quel che è peggio è che la provenienza pubblica di tali dispositivi gli conferiva automaticamente affidabilità, dando per scontati controlli e certificazioni in realtà inesistenti.
Chiediamo che sulla vicenda sia fatta la massima chiarezza e che le indagini individuino responsabilità e abusi, con condanne esemplari per chi ha peccato di superficialità o, ancora peggio, ha lucrato su tale pandemia e sulla salute dei cittadini in una fase storica drammatica.
I cittadini, che già devono fare i conti con una sofferenza immane dal punto di vista emotivo, sociale ed economico, non meritano una beffa ed una ingiustizia di tali proporzioni.