In Comunicati, Politica Economica

Al Direttore del Fatto Quotidiano

 

Egregio Direttore,

mi pare doverosa una risposta all'articolo del ViceDirettore Feltri a proposito delle posizioni espresse dalla Federconsumatori a proposito della ratifica del trattato di libero scambio UE Canada, meglio conosciuto con l’acronimo CETA.

In premessa vorrei sottolineare che non è buon giornalismo accusarci di difendere non meglio precisati interessi corporativi e lobby senza dimostrare queste affermazioni. Si possono criticare le nostre posizioni, ma ci piacerebbe che ci si dimostrasse la loro infondatezza nel merito dei problemi che abbiamo sollevato. Così come sarebbe il caso che ci si spiegasse perché la nostra critica non alla globalizzazione ma ad una globalizzazione governata dalle Multinazionali e dalla Finanza sarebbe un retaggio ideologico e non una valutazione sugli effetti che ha prodotto e che sono sotto gli occhi di tutti, anche di chi, avendola teorizzata, oggi ne chiede una correzione. A maggior ragione questi effetti non dovrebbero sfuggire ad un valente giornalista che voglia guardare in modo oggettivo la realtà, non confondendo questa con i propri desideri.

D'altronde il Suo giornale non ha risparmiato critiche politiche al modo in cui la politica ha abdicato al suo ruolo di governare i processi e non lasciarli in mano ai grandi potentati.

Nel merito, il Vice direttore Feltri non smonta nessuna delle nostre critiche, ma si limita a contestarle sulla base delle proprie opinioni.

Per comprendere la pretestuosità e la mancanza di oggettività delle opposizioni alle nostre critiche, basta osservare, punto per punto, il modo in cui vengono affrontate:

1. Non si smentisce che viene inserito il principio di precauzione, ma si afferma che è del tutto naturale accettare il punto di vista del Canada e degli USA secondo il quale si deve intervenire nel vietare la commercializzazione di sostanze o l'impiego di prodotti solo dopo che se ne è verificata la tossicità o dannosità;

2. Non si smentisce che si difendano solo 40 produzioni del Mady in Italy sulle 281 certificate. Non solo, nell'articolo si afferma che è normale che si commercializzino in Canada i cosiddetti prodotti di Italian souding (le imitazioni, il cui nome richiama per assonanza quello originale) perché il Canada deve pur difendere le proprie imprese, noi invece possiamo farne a meno;

3. Non mi pare scandaloso che, in un trattato, trovi spazio la salvaguardia della sostenibilità sociale e ambientale, la tutela del e nel lavoro e dell'occupazione. E’ davvero anacronistico riaffermare che l'apertura dei mercati globali e la concorrenza sulle produzioni si giochino ricorrendo al dumping contrattuale e dei diritti;

4. Non abbiamo nessuna nostalgia sovranista e pensiamo che gli organismi internazionali possano avere un ruolo nella risoluzione delle controversie, ma questo non può tradursi nella possibilità per le imprese di impedire l'applicazione della normativa e delle prerogative giurisdizionali da parte dello Stato, qualora vedano o pensino siano compromessi i propri interessi.

Come si evince da queste affermazioni, noi ci atteniamo al merito e non ci lasciamo trascinare nella polemica degli interessi che si vogliono difendere, tant'è che non lo chiediamo al Dr Feltri.

La nostra volontà è quella di spingerci oltre la logica del compromesso, del sacrificio delle tutele in nome della libertà dei mercati: seguendo tale principio c’è un solo ed unico interesse che abbiamo sempre tutelato (ed intendiamo continuare a farlo), quello dei cittadini.

Con stima

 

Emilio Viafora

Presidente Nazionale Federconsumatori 

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