Si è riacceso nelle ultime settimane il dibattito relativo al fine vita, mettendo in tutta evidenza le gravi carenze normative e culturali che ancora persistono nel nostro Paese.
Una tematica controversa e delicata, che proprio per la sua complessità deve essere affrontata con urgenza dal Parlamento, non in modo sporadico e discontinuo, sollecitato da drammatici episodi come quello che ha visto protagonista Fabiano Antoniani.
Qualche passo avanti è stato fatto in relazione al testamento biologico, la normativa che regola, tra le altre cose, le “Disposizioni anticipate di trattamento” dovrebbe sbarcare presto in Aula.
La legge in discussione dà ai cittadini la possibilità di lasciare scritte le proprie intenzioni in merito al trattamento a cui vogliono essere sottoposti in caso non fossero più in grado di intendere e di volere.
I medici chiariscono come il disegno di legge in discussione in Italia punti alla sospensione delle cure. Una pratica che non ha nulla a che fare con l'eutanasia, che prevede invece un'azione per provocare intenzionalmente, nel suo interesse, la morte dell'individuo.
Al di là delle definizioni e delle modalità, quello che bisogna salvaguardare è il principio: garantire ai cittadini la libertà di scegliere della propria vita.
Le disposizioni anticipate di trattamento, ancora contrastate da molte forze politiche, rappresentano a nostro avviso un passo avanti in direzione del rispetto di questa libertà di scelta.
Si tratta di una battaglia di civiltà e di dignità.
Non è tollerabile che le lacune normative costringano un cittadino a dover abbandonare il proprio Paese per esprimere la volontà di non proseguire la propria lotta contro malattie e condizioni devastanti. Così come non è accettabile che tale possibilità sia una prerogativa di chi è in grado di sostenerne l’onere economico.
Il buon senso ed il rispetto devono guidare il Parlamento in questo difficile percorso, che dovrà scaturire presto nella definizione di una normativa che metta al primo posto la volontà e le scelte del paziente.