In Comunicati, Politica Economica

   Adusbef e Federconsumatori hanno presentato al ministero dell’Economia un’istanza di accesso agli atti, formulata in virtù di un interesse diretto ed attuale a rendere trasparenti tipologie misteriose di contratti, che sono costati almeno 2,5 miliardi di euro all’erario nel gennaio 2012, con il pagamento a Morgan Stanley.

Infatti, è ormai di dominio pubblico che a fronte di un debito pubblico di oltre 2.150 miliardi, lo Stato Italiano ha stipulato contratti derivati per un controvalore nominale di almeno 160 miliardi che al 31 dicembre 2014 avevano un valore di mercato (mark-to-market) negativo per oltre 42 miliardi.

Al riguardo, la natura di perdita potenziale che, secondo quanto dichiarato nelle ultime settimane dal Direttore Generale del Tesoro, Vincenzo La Via, e dal Capo della Direzione II del Tesoro sul Debito Pubblico, Maria Cannata, caratterizzerebbe un mark-to-market negativo non evita che sia del tutto verosimile attendersi che almeno nel breve periodo una parte di queste perdite “potenziali” diventeranno reali per il bilancio pubblico, come peraltro accaduto negli ultimi anni.

A questo si aggiunge che dall’esame delle dichiarazioni rese dal sottosegretario alle politiche sociali Massimo Cassano lo scorso mese di dicembre in risposta a un’interpellanza del Movimento 5 Stelle, delle dichiarazioni rese dalla Dott.ssa Cannata nelle audizioni in apposita Commissione lo scorso mese di febbraio, nonché della documentazione in materia pubblicata recentemente sui siti del MEF e dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (Upb – Focus Tematico n. 3 del 9 febbraio 2015, pag. 13, Tabella n. 2), è emerso che il mark-to-market dei derivati dello Stato è negativo per diverse decine di miliardi per lo meno sin dal 2006. Tutto questo indica che questi derivati sono stati stipulati negli anni precedenti allo scoppio della crisi finanziaria internazionale e quindi in periodi storici in cui la domanda di titoli di Stato era abbondante e non vi erano problemi di copertura delle aste.

E’ altresì da rilevare che dei 42 miliardi di valore di mercato negativo ben 33 sono relativi a contratti di interest rate swap dove lo Stato paga un tasso fisso e riceve un tasso variabile. Considerato che la quota di debito rappresentata da titoli a tasso variabile si è progressivamente ridotta nel tempo e che oggi è del tutto minoritaria (8% BOT e 6,5% CCT) rispetto ai titoli a tasso fisso, non si ravvisano altri motivi per cui il MEF abbia ritenuto di stipulare derivati che impegnano lo Stato a pagare somme determinate in base a un tasso fisso se non quello di perseguire discutibili e azzardate strategie speculative. La finalità speculativa di tali operazioni risulta confermata dal fatto che, dalle dichiarazioni e dalla documentazione sopra richiamate, si apprende che nel 2013 la spesa per interessi pagati sui derivati in essere è stata di oltre 3,2 miliardi di euro. Questo importo record ha praticamente neutralizzato il risparmio per le casse dello Stato collegato all’abbassamento del differenziale di rendimenti rispetto ai titoli governativi tedeschi e, dato l’elevato valore di mercato negativo comunicato dal MEF con riferimento al dicembre 2014 vi sono fondati motivi per ritenere che analoghi effetti si ripetano anche per il 2014 e non solo.

Le dinamiche finora riassunte rivelano la discutibile gestione in derivati compiuta dal MEF; siamo infatti di fronte al paradosso che, anche in condizioni di mercato di tassi molto bassi come quelle attuali, proprio grazie ai derivati lo Stato assicura alle banche un buon livello complessivo di margine da interessi. In altri termini,  sarebbe lo Stato che coi derivati si trova ad offrire copertura alle banche e non viceversa.

Come dimostrato anche dal recente trasferimento, da parte del Procuratore Aggiunto di Roma Nello Rossi, al Tribunale dei ministri la denuncia sui comportamenti ministeriali che hanno pagato sull’unghia 2,5 miliardi di euro a Morgan Stanley, Adusbef e Federconsumatori ritengono un diritto verso i consumatori-utenti, rendere noti i contratti sottoscritti dal Tesoro, che anche in futuro potrebbero esporre l’erario a pagare miliardi di euro alle banche di affari, un dovere per il ministero dell’Economia, fornire le informazioni al pubblico dei cittadini, portatori di diritti e non soltanto sudditi, chiamati a ripianare con l’elevata pressione fiscale, le scelte discutibili ed errate della classe dirigente e degli alti burocrati dello Stato.  

 

                                  

Recommended Posts