Le vendite scendono dello 0,8% su base annua. Ad attestarlo è oggi l'Istat, che specifica come, per l'alimentare (settore delicatissimo, vero termometro della crisi), le vendite siano scese del -0,5% sull'anno.
Un dato allarmante che si aggiunge al lungo elenco di dati negativi registrati in questi anni sul fronte dei consumi (e non solo, purtroppo).
Basti pensare che, nell'ultimo triennio (2012-2013-2014), secondo quanto rilevato dall'O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori, i consumi delle famiglie sono diminuiti del -10,7%, con una contrazione complessiva della spesa di oltre 78 miliardi di Euro.
Particolarmente impressionante la contrazione dei consumi alimentari e delle spese relative al comparto sanitario dal 2008 ad oggi, pari rispettivamente a -11,6% e -23,1%.
Su tale andamento incide senza dubbio la forte contrazione del potere di acquisto delle famiglie, diminuito del -13,4% dal 2008.
Una contrazione che non accenna ad arrestarsi: con la stangata di fine anno, tra Tasi, Tari, bollette e riscaldamento, le famiglie si trovano a far fronte ad una spesa di ben 894, 05 Euro.
È evidente che tale andamento non è più sostenibile. Le famiglie non sono più in grado di sopportare tali oneri, a maggior ragione in presenza di una forte disoccupazione, che colpisce particolarmente i giovani e gli abitanti del Sud Italia.
"È ora che il Governo intervenga con decisione per dare una scossa all'intero sistema economico. Per farlo, la prima mossa da mettere in campo è il rilancio della capacità di acquisto dei cittadini, attraverso l'avvio immediato ed urgente di un serio piano per il lavoro." – dichiarano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, Presidenti di Federconsumatori e Adusbef.
Far ripartire il mercato occupazionale, infatti, non significa solo restituire redditi e prospettive a milioni di disoccupati, ma anche alleggerire il carico che attualmente pesa sulle famiglie che, con stipendi e pensioni di genitori e nonni sostengono i giovani (e no) senza lavoro.
Ogni centesimo reperito attraverso la lotta a sprechi, privilegi, il contrasto all'evasione fiscale, nonché la vendita di parte delle riserve auree (almeno il 20%) e l'utilizzo dei fondi europei andrà impiegato a tal fine.
Uno sforzo concreto che non deve riguardare solo il Governo. È ora che anche le imprese italiane mettano in campo un po' di coraggio, reinvestendo ogni centesimo di utile in direzione della crescita e dello sviluppo.