Sono ormai numerosissime le segnalazioni che arrivano ai nostri sportelli in merito alla scarsità di acqua e in questi giorni i sindaci di molti comuni hanno emesso ordinanze che proibiscono l’uso dell’acqua dei pozzi privati ad uso potabile o irrigazione. I cittadini ci segnalano inoltre l'inquinamento in alcuni laghetti privati, torrenti e fiumi. I dati istituzionali a tale proposito non sono di certo più incoraggianti: l’edizione 2016 del Rapporto Nazionale Pesticidi nelle Acque dell’Ispra rivela che sono stati superati di molto i limiti di qualità ambientali. Le acque superficiali del nostro Paese risultano contaminate da pesticidi nel 63,9% dei punti controllati, con punte del 95%, ad esempio in Umbria. Il trend di crescita della concentrazione di pesticidi dal 2012 al 2016 si aggira su un +20% per le acque superficiali e su un +10% per quelle sotterranee, con gli erbicidi che la fanno da padrone. In alcune zone l’acqua è così inquinata da non poter essere utilizzata non solo per irrigare l'orto con l’acqua ma neanche per lavare i piatti. E’ evidente che si tratta di un’emergenza ambientale a livello nazionale.
A ciò si aggiunge la questione dell’acqua in bottiglia: prima di fermare l'uso potabile e rischiare di bloccare la filiera agroalimentare forse sarà il caso di affrontare il problema dell’imbottigliamento e il controllo sulle concessioni, che spetta alle Regioni. Non è ammissibile che i cittadini restino senza acqua potabile ma che le concessioni arricchiscano le aziende private. Il fatturato del settore delle acque minerali in Italia è di 2,7 miliardi all'anno.
Nella maggior parte del territorio italiano una grande fonte di inquinamento è l'utilizzo intensivo in alcune zone di prodotti per l'agricoltura come disserbanti, pesticidi e concimi, unitamente ai materiali di scarto prodotti dalle industrie (soprattutto le lavanderie a secco, le industrie del tessile e le industrie metalmeccaniche, dove in molti casi gli stessi imprenditori ignorano la pericolosità delle loro azioni). Altrettanto pericolose le discariche, costruite o gestite male: in questi casi è urgente intensificare il controllo sulle autocertificazioni delle imprese per il rilascio a valle da parte delle discariche e sugli effetti dell’interramento dei rifiuti industriali. Il nocciolo della questione è dare il via ad un'operazione trasparenza sui controlli fatti in house e su effettuati dalle autorità competenti.
Come Federconsumatori, inoltre, riteniamo fondamentale denunciare non solo il problema della dispersione (che in media negli acquedotti italiani è del 35%) ma sottolineare il fatto che i cittadini pagano in ogni bolletta una “quota per investimenti”, cioè una percentuale per l'ammodernamento della rete. Si tratta però di un servizio mai erogato: come stabilito da recenti sentenze, il cittadino non è tenuto a ripagare gli interventi straordinari e tantomeno l'eventuale approvvigionamento straordinario di acqua tramite autocisterne. A ciò si aggiunga che se la rete è colabrodo, in realtà raccoglie anche forme inquinanti, perché l’acqua non solo si disperde ma durante il percorso raccoglie prodotti inquinanti che poi finiscono nell’acquedotto: tutto questo è gravissimo, anche perché il cittadino paga in bolletta per il costo della fognatura e della depurazione.
Chiediamo quindi che le Istituzioni per la difesa della biodiversità e dell'ambiente realizzino il monitoraggio ferreo dei “minimi vitali” (il minimo della portata che dà la possibilità di sopravvivenza alla flora e alla fauna propria di un bacino) di fiumi, torrenti e sorgenti previsti dalla normativa vigente. Serve inoltre un controllo più severo delle concessioni e che si inizi a pensare ad una riconversione delle produzioni agricole, passando per l'ammodernamento degli impianti di rete, ad esempio, durante la ricostruzione delle zone terremotate, dividendo finalmente le acque piovane dalle acque reflue, perché la depurazione delle acque piovane è un costo inutile.
E' nostro dovere come cittadini pensare ad un’agricoltura diversa ed al riutilizzo dell’acqua, ad esempio, per gli autolavaggi e altri servizi. Questi interventi vanno riprogrammati e gestiti da subito. E in ultimo, è importante il tema dell'accumulo dell'acqua. Come? Riattivando e costruendo bacini, usando cave dismesse o zone di prelievo inerti, che poi possono essere usati per accumulo nei periodi di abbondanza e per rilascio nei momenti di crisi.
“E’ urgente realizzare un piano nazionale di investimento sull’ammodernamento degli acquedotti, che potrebbero avere tre effetti positivi: si evitano dispersione e inquinamento, si crea occupazione (perché si realizzano investimenti di cui tra l’altro si recupera il costo dalla mancata dispersione) utilizzando tecniche innovative e si introduce legalità, perché in molte zone l’acqua, tramite le cisterne, viene controllata da organizzazioni illegali” – dichiara Emilio Viafora, Presidente di Federconsumatori.