Come temevamo, si profila un ennesima presa in giro a danno dei cittadini.
Avevamo già richiesto misure concrete che obbligassero i comuni a destinare esclusivamente alle detrazioni quanto ricavato dalla possibile maggiorazione dello 0,8 per mille delle aliquote Tasi.
Ieri sera, invece, è stato bocciato un emendamento che chiedeva di allegare ai bilanci dei comuni "un documento che dimostrasse l'effettiva e integrale destinazione dello 0,8 aggiuntivo alle detrazioni".
In pratica si fa sempre più concreto il rischio che i comuni intaschino il ricavato delle maggiorazioni senza destinarlo integralmente alle detrazioni a favore delle famiglie.
"Una vera e propria beffa, che colpirà soprattutto le famiglie che si trovano in difficoltà." – dichiarano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, Presidenti di Federconsumatori e Adusbef.
In assenza di detrazioni adeguate, infatti, circa 5 milioni di famiglie che in precedenza, grazie alle detrazioni per la prima casa non pagavano alcun importo per l'IMU, ora si troveranno a pagare la TASI. Si colpisce in tal modo il potere di acquisto di un'ampia fascia di famiglie meno abbienti, che vivono in case con basse rendite catastali, specialmente nelle aree periferiche dei centri urbani.
Un'ipotesi intollerabile. Per questo ci auguriamo che il Parlamento imponga rigidi paletti all'utilizzo degli importi ricavati attraverso le maggiorazioni delle aliquote.
Ricordiamo che una recente ricerca del C.R.E.E.F. – Centro Ricerche Economiche Educazione e Formazione della Federconsumatori ha analizzato l'impatto della nuova imposta nelle 105 città capoluogo in Italia: dalle stime emerge che una famiglia, per un appartamento di 100 metri, ipotizzando una detrazione di 100 Euro, potrà pagare mediamente per la prima casa da 231,71 Euro (nel caso si applicasse l'aliquota minima del 2,5 per mille), a 337,95 Euro (considerando l'aliquota massima del 3,3 per mille).
In pratica, una simil-IMU.