In Comunicati, Politica Economica

   Il declassamento dell’Italia di S&P, un gradino sopra l’inferno dei titoli junk (spazzatura), seppur calendarizzato e previsto, ma diffuso a tradimento (ore 19,17 di ieri a mercati ancora aperti), deve indurre il governo a non sottovalutare politiche economiche sbagliate, tutte puntate sull’abrogazione dell’art.18, come scalpo offerto gratis alla Troika, invece che sulla crescita, gli investimenti, la lotta serrata alla corruzione, alle burocrazie e tecnocrazie di Palazzo, i cui soliti mandarini tengono in ostaggio i Governi.

   Con la pressione fiscale al 43,3%, il livello di corruzione che pone l’Italia al primo posto in Europa, il Pil che continua a scendere, le mafie (non solo capitoline) che dettano le loro condizioni a politici a libro paga, il Governo invece del falso in bilancio, la frode fiscale, l’autoriciclaggio (norma approvata con la voluntary disclosure all’acqua di rosa), i conflitti di interesse, la lentezza della giustizia e la prescrizione,  si può ancora credere alle favole dei mancati investimenti stranieri in Italia, perché bloccati dall’art.18 ?

   Adusbef e Federconsumatori, che hanno iniziato anni fa una dura lotta giudiziaria per ridimensionare l’enorme potere delle Agenzie di rating, rinviate a giudizio dalla Procura di Trani e screditate per i report ad orologeria ed in conflitto di interesse con le loro compagini azionarie, che non si erano accorte della solvibilità di Parmalat, Lehman Brothers, dei sub-prime ed altri titoli spazzatura giudicati con il massimo dell’affidabilità prima di essere immessi nei circuiti finanziari mondiali ed appioppati ai risparmiatori, invitano il governo, i cui esponenti  hanno rilasciato commenti troppo ottimistici, a non sottovalutare  il declassamento di Standard & Poor’s.

     La revisione in calo delle stime medie di crescita del Pil reale e nominale per il periodo 2014-2017 a 0,5% e 1,2% rispettivamente dalle precedenti stime di 1% e 1,9%; la modesta ripresa di circa lo 0,2%, che si paragona con le precedenti stime di una crescita dell'1,1% per il 2015;  rispetto al governo che prevede una crescita media del Pil reale e nominale tra il 2014 e il 2017 rispettivamente dello 0,7% e dell'1,9%;  la debole ripresa dei consumi privati, tenuti sotto pressione dalle preoccupanti condizioni del mercato del lavoro dove la disoccupazione è su livello storicamente alto, oltre che per il graduale consolidamento fiscale, le prospettive di crescita economica più debole nei principali partner commerciali in Europa, oltre che un meccanismo di trasmissione monetaria in difficoltà che impedisce un miglioramento rapido delle condizioni del credito, sono tutti campanelli d’allarme da prendere sul serio.

    Adusbef e Federconsumatori infine, non si trovano d’accordo sulle valutazione dell'agenzia di rating sul debito pubblico che prevede uno sbilanciamento a fine 2017 pari a 2.256 miliardi, 80 miliardi in più, pari al 4,9% del nostro Pil 2014 e sulla sua sostenibilità, rimarcando che la Germania, locomotiva d’Europa ed economia forte, ha il 62.4% del suo debito pubblico detenuto da stranieri. La Francia il 62.9%; la Spagna, che non è il paese più solido e sicuro il  43.4%. La Grecia l’85,9%; il Portogallo il 71,4 %; l’Irlanda il 63,5%. L’Italia ha il 35.6% del debito, pari a 728 miliardi di euro ai detentori esteri; 1.420 miliardi, in mano ai residenti (Bankitalia, Banche, società Finanziarie, fondi, aziende private, singoli risparmiatori e famiglie).

   Con il calo degli spread ed un piano biennale di dismissioni di oro e riserve di Bankitalia (almeno il 50% degli oltre 100 miliardi di euro ai valori attuali),destinando il 50% alla riduzione del debito, il restante per finanziare la ricerca e l’innovazione offrendo ai giovani talenti prospettive di futuro anche in Italia, il debito pubblico italiano, in mano ai residenti e quindi più sostenibile degli altri partner europei, potrebbe scendere di 100 miliardi nel 2017 e non aumentare di 80 miliardi di euro.

 

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