Apprendiamo alcune indiscrezioni relative al Freedom of Information Act, la cui bozza è stata presentata al Consiglio dei Ministri.
Un atto sicuramente positivo, all'insegna della trasparenza e di un rapporto più diretto e limpido con i cittadini. Si dà, infatti, l'accesso a chiunque ai dati riguardanti la Pubblica Amministrazione.
Sarebbe tutto estremamente apprezzabile se non fosse che, dalle prime indiscrezioni su tale bozza, emergono indicazioni ampiamente deludenti.
Innanzitutto, a quanto pare, la norma affiancherà le normative precedenti, ma senza mettere ordine nell'intricato quadro esistente.
Ma l'elemento che desta grande preoccupazione è la discrezionalità: dovrebbe essere un funzionario dello Stato, infatti, a decidere quando accogliere e rigettare le richieste di accesso ai dati.
Inoltre, una grave limitazione di tale normativa è il fiorire delle cosiddette eccezioni, di quelle informazioni che non possono essere richieste, senza che tra l'altro l'amministrazione abbia l'obbligo di giustificare il perché del mancato accesso ai dati.
Una mancata risposta per 30 giorni equivale a un diniego, creando ancora più confusione tra inefficienza, ritardi e mancata trasparenza.
L'assurdità raggiunge il suo culmine se si pensa che, l'unico modo che il cittadino ha per difendersi è ricorrere alla giustizia amministrativa (TAR), con spese notevoli a suo carico.
È evidente che, alla luce di tutte queste carenze, il FOIA si prefigura come la solita "pubblicità ingannevole", dove si annunciano grandi progressi e enormi vantaggi per i cittadini, ma concretamente non cambia nulla, anzi peggiora.
Ecco perché chiediamo di ragionare meglio e riformulare la norma affinché possa rappresentare un vero passo avanti per il nostro Paese, che attualmente risulta al 97° su 103 paesi nel ranking internazionale di accesso all’informazione e, secondo l’ultimo rapporto di Transparency International, penultimo in Europa e 61° nel mondo per lotta alla corruzione.