All'indomani del ricorso presentato al Tar di Torino contro l’Autorità dei Trasporti in merito ai diritti minimi degli abbonati dell’alta velocità e alla dichiarata volontà da parte di Trenitalia di abolire dal 2017 gli abbonamenti, in data 7 settembre 2016 è arrivato presso la nostra sede nazionale (e anche ai firmatari del ricorso), un plico di 19 pagine contenente il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica da parte dei legali di Trenitalia.
La summa del pensiero di Trenitalia e dei suoi avvocati è che l’Autorità dei Trasporti non disporrebbe di poteri di intervento per quanto riguarda i servizi che di pubblica utilità non sono, quale quello dell’alta velocità. Il servizio dell’alta velocità non sarebbe in alcun caso ascrivibile alla categoria dei servizi di pubblica utilità, né tantomeno gravato da oneri di servizio pubblico.
Ulteriore "ciliegina" è il passaggio che considera l’utente abbonato come un utente ingiustamente privilegiato rispetto agli altri utenti, determinandosi così una ingiusta disparità di trattamento.
L’idea di Trenitalia, oltre che assurda, è ovviamente contraria alla nostra e ci ha spinto ad agire in giudizio, assieme al Comitato Nazionale dei Pendolari AV, per vedere affermato, sulla base del diritto europeo, l’obbligo di garantire ai pendolari l’accesso al trasporto quale Servizio di Interesse Generale che, seppure economico e tale da determinare un profitto, non può mai essere gestito in maniera tale da far venir meno la sua vocazione di servizio reso alla collettività, funzionale alle esigenze del Paese e al diritto alla mobilità dei cittadini.
Sarebbe importante, infatti, che Trenitalia si ricordasse con quali soldi sono stati fatti gli investimenti che hanno permesso la nascita dell’alta velocità e come, in un momento iniziale, la ricerca degli abbonati costituisse un business. Sono questi ultimi che hanno contribuito ad incrementare il profitto iniziale di questo modo di viaggiare. Non bisogna dimenticare, infine, come l'alta velocità quotidianamente incida negativamente sulle tratte regionali, molte delle quali vengono o cancellate o ridotte per permettere più corse all'alta velocità.
Dimenticarsi che questo mondo ha permesso la trasformazione di una società fortemente carente sulle tratte regionali e interregionali in un società forte nell’alta velocità e agire contro chi ha fatto di questo modo di viaggiare una qualità di vita sia lavorativa che sociale è estremamente scorretto, per non dire altro. Che dei cittadini si mettano assieme per un ricorso, senza le disponibilità economiche (e anche legali) di Trenitalia e dell’A.R.T., è qualcosa che dovrebbe fare riflettere sia i due attori ma anche il Governo, che ci sembra sia ancora l’azionista tramite il Ministero competente di Trenitalia. In un Paese a crescita quasi zero, con livelli di disoccupazione e di criticità sociale pesanti, percorrere strade finalizzate al solo al business, senza tenere conto dei costi sociali e umani che certe scelte comportano, non è lungimirante e logico.
Un abbonato in meno – un biglietto pieno in più, può significare un posto di lavoro in meno e questo non è ammissibile in un sistema che si deve prefiggere quantomeno di contemperare la redditività dei servizi con le esigenze economiche e sociali dei lavoratori.