Ricorrono domani e lunedì gli anniversari delle scosse che, tre anni fa, hanno devastato il Centro Italia.
Ciò che più ferisce e sconforta, a distanza di tanto tempo, è trovare la situazione del tutto immutata. Quello che doveva essere e potrebbe essere “il cantiere più grande d’Europa” è fermo, la ricostruzione non parte e i cittadini, scoraggiati da tale andamento, stanno abbandonando le aree colpite. Rassegnati dall’immobilismo di chi in campagna elettorale si è prodigato in promesse e rassicurazioni, i cittadini di queste aree stanno lasciando la propria memoria e le proprie radici in balìa di un triste declino.
I dati dimostrano questa allarmante tendenza: solo 941 domande per la “ricostruzione leggera” sulle 2.846 previste in tutto il cratere sono giunte sul tavolo dell’ufficio speciale per la ricostruzione.
Anche il Presidente della Federalberghi Umbria ha lanciato nei giorni scorsi un importante segnale di allarme, segnalando la difficoltà di investire in territori ancora devastati e abbandonati.
Una situazione che non lascia intravedere speranze. Quel che è peggio è che, né nel discorso di Conte in Senato né nei punti programmatici su cui si negoziano le alleanze politiche in questi giorni, appare mai come priorità la ricostruzione.
Un fatto gravissimo: uno dei primi interventi all’ordine del giorno per il Paese deve essere proprio la ricostruzione, non solo per restituire alle popolazioni colpite le proprie case e la propria vita, ma anche per dare un impulso alla crescita, all’occupazione, alla produzione ad un’economia ormai stretta nella morse della stagnazione.
Nel dettaglio riteniamo necessario e indispensabile:
- Stanziare le opportune risorse per riattivare i cantieri e avviare in primis lo smaltimento di macerie e detriti che ancora ingombrano le aree colpite.
- Accelerare le procedure per la ricostruzione, dotando le aree interessate di Amministrazioni locali adeguate ed efficienti, in grado di dare risposte pronte ai cittadini.