L’Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul , il primo “strumento giuridicamente vincolante “per sconfiggere la violenza di genere , proteggere e promuovere le donne .
L’esperienza dimostra che è fondamentale difendere e rispondere ai problemi e alle esigenze delle vittime di violenza, ma non è sufficiente.
E’ necessario infatti rimuovere le cause, andare cioè alle radici delle discriminazioni, eliminare le disparità di genere che moltiplicano nel tempo le violenze e i soprusi che sono all’origine dei femminicidi.
In Italia , diminuiscono gli omicidi e aumenta il numero delle donne uccise da uomini sempre più spesso da partner o ex.
E’ utile tenere bene a mente due dati:
– il primo è che una donna su tre nel nostro Paese ha subito violenza e che il 35% delle vittime non presenta denuncia.
– il secondo che sono 63 le donne uccise nei primi sei mesi di questo anno, il 13% aveva chiesto aiuto per stalking.
Risulta pertanto giustificato il richiamo delle istituzioni internazionali alle gravi responsabilità della Stato Italiano che non ha ancora dato le risposte necessarie per contrastare efficacemente la violenza di genere: omissioni e ritardi rischiano di degenerare in vera e propria “violenza istituzionale”.
Particolarmente grave ed inaccettabile è l’impunità dei colpevoli nel nostro Paese.
Non vanno sottovalutati i recenti provvedimenti del 15 ottobre riguardanti la violenza contro le donne : a) l’aggravante delle relazione affettiva, b) l’arresto obbligatorio in flagranza e il braccialetto elettronico, c) la querela irrevocabile in presenza di rischio alto e l’ammonimento per lesioni. Misure di repressione e di ordine pubblico necessarie, un passo avanti certamente, ma ancora non adeguato alla situazione italiana.
Infatti le Istituzioni del nostro Paese devono prendere atto che le leggi e le politiche adottate finora per sconfiggere discriminazioni e femminicidi risultano non sufficienti e poco efficaci a proteggere le donne dalla violenza di genere . Le misure prese non hanno migliorato la vita delle donne e delle bambine italiane, né hanno modificato le condizioni economiche, sociali e politiche che penalizzano le giovani , le lavoratrici, le madri. In breve le misure prese non erano mirate a rimuovere le condizioni di svantaggio, le abitudini ed i comportamenti discriminatori che sono alla base delle discriminazioni e delle violenze di genere.
È prioritario un serio impegno, ad ogni livello istituzionale, che implica una nuova assunzione di responsabilità per contrastare ed eliminare linguaggi sessisti, abitudini e stereotipi discriminatori, comportamenti violenti.